Ti avevamo lasciato sulla strada per Erice, in attesa di gustare un piatto di busiate al pesto trapanese. Ricordi? Benissimo. È da qui che inizierà il racconto di oggi. Da Erice, ti porterò, in compagnia di Marialuisa e dei tramonti della nostra amata Sicilia, a cena in un ristorante tipico ericino, a visitare il comune di Salemi e ad ammirare una delle opere d’arte contemporanea più estese al mondo: il Cretto di Burri.
Eh, lo so. Eri abituato a leggere l’odore del mare, le strade provinciali afose d’agosto, il sapore di un manicaretto e la semplicità di un viaggio on the road, con gli occhi di Marialuisa. Ma, considerando che siamo compagni sia nella vita che nel lavoro, ho ricevuto il testimone. E, parlando inter nos, sono felice di poter parlare della mia terra.
Esistono, infatti, due tipi di siciliani. C’è il siciliano che ama la sua terra, la ammira. Si lascia scaldare dalle sue albe, ritrova la pace, ascoltando le onde del mare infrangersi sulla battigia, e s’addormenta facendo sempre lo stesso sogno: costruire e crescere in Sicilia. Poi c’è il siciliano che, ahimè, si lamenta. E si lamenta di ogni cosa. Del caldo, della pioggia, del traffico, della signora al supermercato che cerca di saltare la fila, attribuendo a questo gesto un’indole mafiosa che, come fosse un marchio a fuoco, sembra doverci appartenere a tutti i costi. Ecco, io a questo tipo di mentalità mi ribello. Ma credo non sia il luogo adatto per parlare di uno stereotipo che fa male e che diventa, ogni giorno, sempre più anacronistico.
Piuttosto, tornando a noi, pronto a visitare Erice?
Erice? Un borgo medievale incantevole
Il campeggio, la sera, ha un aspetto diverso. Più calmo. I bambini, ormai stanchi, riposano coccolati da una brezza marina che arriva dalla spiaggia poco distante. Io e Marialuisa, però, abbiamo una cena che ci attende. Non possiamo mica restare in tenda a dormire. In meno di mezz’ora, dal campeggio, arriviamo a Erice. In perfetto orario per assaporare le prelibatezze consigliate dal nostro “Capitan” Ignazio Billera. Parcheggiamo e controlliamo il navigatore – anche a piedi ormai strumento indispensabile – per trovare il ristorante “La Vetta“. Cinque minuti dopo siamo seduti, pronti per ordinare.
Antipasto a base di panelle (delle frittelle di farina di ceci, simili alla torta livornese) e due piatti di busiate. Niente pesto trapanese. Marialuisa si lascia tentare dalle sarde e dal finocchietto selvatico, io da un binomio che non mi stancherò mai di mangiare: melanzane e pesce spada. Saltiamo il secondo – le panelle erano davvero tante – e ordiniamo, per concludere in bellezza, due genovesi con la crema. Salutiamo la padrona del ristorante, augurando un buon lavoro a lei e al suo ottimo staff, e iniziamo il nostro tour di Erice.
“E l’altro monte, e l’altro monte ei vede,
l’Erice azzurro, solo tra il mare e il cielo
divinamente apparito, la vetta
annunziatrice della Sicilia bella!”
(Gabriele D’Annunzio)
La città di Erice è davvero unica. Nominata uno dei borghi più belli d’Italia, conserva il fascino e il mistero di una cittadina medievale. Dal pavé – scivoloso – al castello normanno di Venere, a Monte San Giuliano (il nome antico di Erice) non mancano le cose da vedere. Noi ci siamo limitati ad un giro per le vie del centro, leggermente infreddoliti – a Erice fa freddo anche ad Agosto! – ma contenti di essere saliti fin quassù, ad osservare, con occhi razionali, ciò che la mente di un bambino non poteva percepire: in Sicilia non manca nulla.
Erice, infatti, è tappa fissa di numerosi viaggi d’istruzione scolastici e di gite familiari fuori porta. Sia io che Marialuisa siamo stati a Monte San Giuliano da piccoli, tornarci da adulti, ha tutto un altro sapore.
Un paio d’ore per le strade caratteristiche del centro, due sospiri – un dolce tipico di pasta di mandorla – e siamo pronti per lasciare il borgo senza tempo ericino.
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Da Erice a Salemi la strada è breve
Tornati in campeggio, stanchi dalla giornata piena, crolliamo nei nostri sacchi a pelo in men che non si dica. Il mattino seguente, smontiamo la tenda, paghiamo il conto e lasciamo la bella Trapani per continuare il nostro viaggio per la Sicilia. Imbocchiamo l’autostrada. Direzione Agrigento. Prima di arrivare alla città dei templi, però, Marialuisa suggerisce un luogo da visitare: il “Grande Cretto“. O meglio ciò che resta della vecchia città di Gibellina, rasa al suolo dal terremoto del 1968. Il Cretto si trova a pochi chilometri da Salemi, cittadina arabo-medievale, resa “famosa” dall’ormai ex sindaco, Vittorio Sgarbi.
La città è un vero museo a cielo aperto. Ad ogni angolo del centro storico, infatti, sono situate delle colonnine informative che ti accompagneranno in tour guidato, completamente gratuito.
A Salemi, considerata anche l’afa (sono le 14 e il sole picchia forte) siamo rimasti un’ora. Giusto il tempo di visitare il piccolo centro storico. In realtà, siamo rimasti poco tempo perché eravamo impazienti di perderci tra le rovine di Gibellina e lo straordinario estro di Alberto Burri.
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Verso il Cretto di Burri
Il prossimo articolo parlerà del Cretto, di Marsala e del nostro arrivo a Girgenti – ultima provincia del nostro tour. Occhio che partiamo presto, non vorrai mica perderti il passaggio?!
PS → Se vuoi visitare i luoghi appena descritti, con Sicilia360, puoi organizzare un’escursione in moto, in bici o a piedi e vivere un’esperienza e una vacanza alternativa. Contatta Lucina, saprà certamente consigliare percorsi e trek adatti a te.
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